Cambio di VP, possibilità reale o solita pippa mentale europea?

Da mesi sui media si parla di un avvicendamento alla vice-presidenza degli Stati Uniti. Il vicepresidente uscente Joe Biden non è particolarmente popolare e la sua attitudine alle gaffes lo rende un facile bersaglio della propaganda repubblicana. Per rilanciare il ticket democratico indi serve un cambio di vice, si dice. E chi meglio di Hillary Clinton per provare a risalire la china? Le cose non stanno esattamente così. In primis mettiamo i puntini sulle “i”. Sostanzialmente ogni volta che un presidente uscente cerca la conferma si parla di una sostituzione del vice, ma poi non succede mai. In passato pure vicepresidenti imbarazzanti come e più di Biden, ad esempio Dan Quayle, sono stati confermati nel ticket. Certo voci di sostituzione hanno toccato tutti i vicepresidenti uscenti. In tempi recenti è toccato a Spiro Agnew, ad Al Gore, a Dan Quayle, a Walter Mondale, a Richard Nixon, a Bush senior e perfino a Dick Cheney esser vittime di voci che ne volevano la sostituzione in corsa. Ma mai è avvenuto. Non che la cosa non sia mai avvenuta, ma l’ultima volta che s’è assistito al licenziamento del vicepresidente è talmente remota da non essere ricordata. E quella volta non fu nemmeno per volontà del presidente, ma del partito, o meglio di una parte del partito che alla convention votò per un candidato differente dal presidente uscente. Correva l’anno 1944 e Franklin Delano Roosvelt si accingeva a chiedere il suo quarto ed ultimo mandato, mandato che non avrebbe nemmeno portato a termine. All’epoca i democratici del sud, ferventi segregazionisti mal tolleravano le politiche dell’amministrazione Roosvelt in quanto a loro dire troppo vicine alle istanze della comunità afroamericana. In realtà sulla questione della segregazione Roosvelt aveva sempre avuto un atteggiamento quantomeno ambiguo. Al nord i programmi di assistenza sociale promossi dall’amministrazione democratica effettivamente andavano a favore anche della comunità afroamericana che infatti nel 1936 abbandonò per la prima volta il partito repubblicano, al contempo però Roosvelt chiudeva occhi ed orecchie sulla segregazione al sud e sulle “leggi di Jim Crow” (1) varate dalle amministrazioni democratiche che de facto impedivano l’esercizio del diritto di voto alla larga maggioranza degli afroamericani negli stati del sud. Più che Roosvelt, che sulla faccenda della segregazione era sostanzialmente connivente, comunque le vere bestie nere dei segregazionisti erano la first lady Eleanor e il vice-presidente Henry Wallace. I democratici segregazionisti del sud all’epoca erano ancora i soci di maggioranza del partito democratico e nel 1944 fecero valere la loro forza. Non potendo chiedere a Roosvelt di scaricare la moglie Eleanor, i democratici del sud si concentrarono sull’obiettivo di mandare a casa Henry Wallace, e vi riuscirono. Alla convention democratica del 1944 Roosvelt venne facilmente ricandidato ottenendo il 93% dei voti dei delegati, ma Wallace venne clamorosamente trombato. Nella votazione per il vicepresidente Wallace venne battuto a sorpresa dal senatore del Missouri Harry Truman, uomo del sud con un passato nel Ku Klux Klan e ritenuto vicino ai segregazionisti. L’ultima sostituzione insomma è stata frutto di una faida interna al partito democratico e non di una volontà del presidente. E’ avviso del sottoscritto, e non solo, che al 99,9% Joe Biden sarà ancora il compagno di corsa di Barack Obama. Dopo aver specificato che l’evento della sostituzione di un vice in corsa non si verifica da ormai quasi 70 anni parliamo proprio di Hillary Clinton. L’ex first lady è la donna che più di tutte è arrivata vicina alla nomination. Con 21 stati vinti e il 48% del voto popolare conquistato Hillary Clinton ha ottenuto un risultato che mai nessuna donna era riuscita neppure ad avvicinare. Come sappiamo però, non le è bastato per diventare la prima donna a conquistare la nomination per uno dei maggiori partiti. Perchè però non scegliere proprio lei per formare quello che all’epoca era chiamato il “Dream Ticket”? Anzi, peggio ancora, perché Caroline Kennedy non ha neppure incluso il nome di Hillary Clinton nella lista finale dei sette potenziali vice che stilò per conto di Obama nell’estate del 2008?  Di mio credo che i motivi dell’esclusione di Hillary Clinton dal ticket nel 2008 e che impediscono una sua nomina anche nel 2012 siano i seguenti


1-La campagna elettorale tra Barack Obama e Hillary Clinton ha spesso avuto toni accesi quando non violenti. I collegamenti di Obama con personaggi dubbi quali il malfamato palazzinaro di Chicago Tony Rezko, il controverso attivista pacifista Bill Ayers e il reverendo estremista Jeremiah Wright non sono invenzioni di John McCain e Sarah Palin, ma sono farina del sacco della premiata ditta Billary. Fu proprio la campagna di Hillary a portare alla luce dell’opinione pubblica le connessioni di Obama con questi personaggi. Tra Obama e Hillary i rapporti si sa, non sono per nulla buoni, e un ticket insieme sarebbe un boomerang proprio per la forte acredine fra i due. Un’acredine che i repubblicani non mancherebbero di usare come arma di propaganda


2-La famiglia Clinton è piena zeppa di scheletri nell’armadio, probabilmente i Clinton hanno più scheletri nel loro armadio di Obama e Romney messi insieme. La notizia ha avuto poco risalto in Europa, ma la nomina di Hillary Clinton al dipartimento di stato aveva rischiato di saltare. Il senato stava clamorosamente per bocciare l’ex first lady come ministro degli esteri nel gennaio 2009.  Il nodo gordiano era la lista dei finanziatori della biblioteca presidenziale di Bill che la famiglia Clinton rifiutava ostinatamente di rendere pubblica. Alla fine per il bene del potere di cui sono tremendamente assetati i Clinton si sono decisi a dare alla commissione esteri del senato la lista scottante. Per dire, mancava poco che Hillary non ottenesse la poltrona promessa da Obama nell’estate 2008 quando i due litiganti contrattarono la tregua, e non per indisponibilità di Obama, ma proprio per i numerosi scheletri nell’armadio degli stessi coniugi Clinton. Se Hillary Clinton entrasse nel ticket democratico, poco ma sicuro, tutti i punti oscuri della famiglia Clinton tornerebbero immediatamente a galla. Non fatevi ingannare dai tassi d’approvazione della signora Clinton, l’ex first lady ricopre un ruolo mai come oggi defilato e fuori dai riflettori, qualora però la Clinton tornasse sotto la luce dei riflettori beh, aspettatevi di vedere la popolarità della ex first lady tornare nei low-40s come all’epoca dello scontro all’ultimo sangue con Obama e di vedere i mastini di Murdoch spiattellare ai quattro venti ogni minimo sgarro della premiata ditta Bill&Hill.


3-Ma chi glielo fa fare a Hillary di mollare la poltrona di ministro degli esteri, la poltrona più importante dell’esecutivo statunitense, per fare la numero 2 di Obama? Ma chi glielo fa fare di mollare un ruolo potentissimo da cui dirige la politica estera della maggior potenza mondiale, per andare a fare la candidata vice di Obama? Chi parla di un avvicendamento Clinton-Biden forse non ha ben presente quale sia il ruolo del vice-presidente degli Stati Uniti. Il vice-presidente degli Stati Uniti, in sostanza, non conta un emerito cazzo. Il vicepresidente degli Stati Uniti non ha alcun potere reale. De iure il vicepresidente è il presidente del senato, ma de facto non presenzia praticamente mai alle sedute del Campidoglio e il ruolo di presidente dell’assemblea è esercitato dal presidente pro tempore, ovvero il senatore più anziano del partito di maggioranza. L’unico potere reale che ha il vice-presidente degli Stati Uniti è quello di spezzare un pareggio al senato. Qualora una votazione al Campidoglio finisca in parità allora tocca al vicepresidente dare il voto decisivo. Questo è l’unico caso in cui il vice-presidente degli Stati Uniti conta qualcosa. Per il resto l’unico ruolo del vice-presidente è stare fermo e aspettare che l’inquilino della Casa Bianca tiri le cuoia o si dimetta per prenderne il posto. Fine dei compiti del vice-presidente degli Stati Uniti. Ora, me lo dite chi glielo fa fare a Hillary Clinton, una donna assetata di potere quanto un vampiro di sangue umano, di mollare quella che è de facto la poltrona più importante negli USA dopo quella del presidente per fare il vice-presidente e sedersi in un cantuccio a pregare perché a Obama venga un coccolone onde rimpiazzarlo? Va bene, ok, Dick Cheney in effetti è stato forse più potente dello stesso Bush, anzi togliamo il forse che è meglio, ma parliamo dell’eccezione che fa la regola. Il vice-presidente negli USA non conta praticamente nulla, il segretario di stato invece conta, e parecchio. Spiegatemi ora chi glielo fa fare alla Clinton di mollare una poltrona del genere per fare la copia di back-up di Obama.


4-Proprio per i motivi di cui sopra, spesso come candidato vice viene scelto un personaggio poco carismatico o poco conosciuto che passi abbastanza inosservato. Certo, la carta del vice può servire a coprire delle lacune del candidato presidente come una scarsa esperienza in una determinata materia, come un posizionamento politico troppo radicale o troppo moderato, o può essere usato per ottenere qualche swing state importante o attirare qualche blocco elettorale particolare, ma in genere il candidato vice-presidente durante la campagna elettorale non se lo fila praticamente nessuno e Sarah Palin è solo l’eccezione che conferma la regola. Un candidato presidente di solito cerca qualcuno che non gli faccia ombra oppure qualcuno che secondo lui possa rappresentare il futuro del partito e possa eventualmente prendere in mano il paese scaduti i due mandati. Hillary Clinton non corrisponde ne all’una ne all’altra esigenza. Una candidata come Hillary sicuramente metterebbe in ombra Barack Obama, e Hillary Clinton molto difficilmente (non impossibile per carità) potrebbe essere candidata nel 2016 quando avrà quasi 70 anni.


Per tutti i motivi elencati quindi la questione di un cambiamento di vice da parte di Barack Obama, e in particolar modo dell’ascesa di Hillary Clinton alla posizione di numero 2 del ticket democratico è solo la classica pippa mentale europea. Le possibilità che Biden venga defenstrato sono scarsissime e ancora più scarse le possibilità che Hillary Clinton vada a salvare Obama. Perché se ciò accadesse sarebbe anche un segnale che la nave sta affondando, e chi glielo fa fare ad Hillary di gettare il salvagente a colui che le ha rubato l’ambizione di una vita?


Giovanni


(1) Si lo so, è strano ma vero ma il partito democratico un tempo era il partito della segregazione per antonomasia. Avremo tempo di riprendere l’argomento più avanti e di analizzare meglio questo curioso snodo della storia che ha portato il partito democratico dall’essere il partito della segregazione per antonomasia all’essere il partito di riferimento della comunità afroamericana

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