Ridi ridi che la Grande Depressione si avvicina.

Giuseppe Sandro Mela

  

Goya – Il Gigante

                Quando faceva il ricercatore, Paul Krugman  aveva la singolare dote di saper scovare dati altrimenti introvabili e di collegarli con ineccepibili costrutti logici: poi si incamminò su altri sentieri, leciti ma differenti, acquisendo una grande moral suasion politica nel contempo in cui perdeva lo smalto del grande economista.

                Tuttavia il suo trattato “The Return of Depression Economics”, scritto nel 1998 e pubblicato l’anno seguente costituisce un vero classico, che non dovrebbe mancare nella biblioteca della persona di cultura media.

                Tratta di un argomento uggiosamente scomodo, e chi lo affronta é riguardato come una malevola prefica, un’insopportabile cassandra, un menagramo, in poche parole. Poi, quando le cose evolvono secondo la loro intrinseca logica, i corifei del quieto vivere invertono allegramente il rapporto causa effetto – tipica operazione mentale degli sprovvidi – e proclamano a gran voce che sono state proprio le prefiche e le cassandre a causare l’evento. D’altra parte é tipico dei mocciosi piccini piccini voler trovare a tutti i costi un qualcuno su cui addossare le proprie colpe.

                Fattore non trascurabile di simili deterioramenti intellettivi è il progressivo aumento delle patologie mentali, cui a suo tempo dedicammo ben due specifici post: uno generale ed uno specifico sull’Europa. E’ tipica delle patologie mentali la scorretta percezione del reale: la persona crede che sia vero ciò che gli farebbe piacere che lo fosse.

Goya Saturno che divora i figli1 Ridi ridi che la Grande Depressione si avvicina. 
Goya – Saturno che divora i figli

                «Nel corso degli ultimi anni sette sistemi economici – da cui ancora dipende un quarto della produzione mondiale, con una popolazione di oltre 650 milioni di persone – hanno vissuto una recessione economica che ricorda molto da vicino la Grande Depressione. Oggi come ieri la crisi ha cominciato a dare i primi segnali in un cielo azzurro e sereno, quando la maggior parte degli esperti prevedeva che il boom sarebbe comunque continuato, anche se la recessione si stava avvicinando; oggi come ieri i tradizionali interventi macroeconomici si sono rivelati inefficaci, forse anche controproducenti. Il fatto che qualcosa di simile possa comunque accadere nel mondo moderno dovrebbe far venire i brividi a chiunque abbia un minimo di senso della storia».

                Parole quanto mai sagge queste di Krugman, ma per avere il senso della storia sono necessarie alcune condizioni, oggi quasi completamente irreperibili. Essere in grado di intendere e di volere, essere intrinsecamente onesti (anche con sé stessi), avere ben presenti i canoni etici e morali che governano la vita, conoscere ed aver compreso la storia. Conoscere ed aver compreso le proprie radici, senza volerle rinnegare, senza volersene inventare nuove, fasulle ed artefatte. Non sono né morali né etici i canoni enunciati per giustificare i propri vizi, quasi fossero virtù.

                Avere senso della storia implica il volerla saper vivere non solo intellettualmente, ma nella realtà dei fatti. Chi non ha voluto darsi una prole, rinuncia alla discendenza nella utopica illusione di non pagarne lo scotto in vecchiaia: anche su questo argomento venne steso uno specifico post.

                Krugman enuncia una profonda ed incontestabile verità: le Grandi depressioni si annunciano «a cielo azzurro e sereno, quando la maggior parte degli esperti prevedeva che il boom sarebbe continuato».

                Solo chi ignora la storia, non solo economica, ma soprattutto quella politica e sociale dei popoli, può non provare i brividi al solo pensiero di una nuova Grande Depressione. Lo shock di un default correttamente pilotato, qui inteso nel suo senso più lato, è un delizioso dolcetto a confronto di una cannonata.

                La storia insegna a chiare lettere che da un evento finanziario ed economico ci si può riprendere rapidamente, mentre da una Grande Depressione la ripresa è dolorosamente lenta e, quasi invariabilmente, richiede una guerra guerreggiata per incanalarsi in una qualche imprevedibile via di uscita.

                Agli esseri umani che amano vivere nel loro mondo di sogni utopici serve una durissima facciata contro un muro di pietra per rinsavire, seppure momentaneamente. Anche chi fosse allergico alla religione potrebbe considerare la parabola del figliol prodigo: non rinsavì, non ritornò in sé stesso se non quando ebbe finito di dilapidare in festini e prostitute ogni suo avere. Solo allora, ridotto a fare il guardiano dei porci ed ad invidiare bramosamente le carrube che venivano loro date, date ai porci ma non a lui, roso dalla fame, si ricordò di avere delle radici. Sì, proprio quelle che aveva voluto ostinatamente negare perché non gli avrebbero permesso di sostenere i propri vizi.

                Il lato più tragico di queste immani catastrofi umane è che un certo numero di folli trascina dietro di sé anche chi vedeva chiaramente che stavano andando alla malora. Quando Gauss vide sfilare le truppe francesi dirette in Russia ebbe ad esclamare: «Adesso siamo alla fine!». Di un milione circa, ne tornarono qualche decina di migliaia.

                Nell’ottobre del 1938, subito dopo l’Accordo di Monaco, mio Padre scrisse a mia Madre una lettera in cui Le diceva: «Doni, qui sono diventati tutti pazzi da legare: ci trascinano alla rovina ed alla morte. Vedrai che non passeranno sette anni ed il mondo sarò un cumulo di rovine, ma totalmente diverso. L’unica soddisfazione sarà che questi buffoni saranno stati accoppati.». Mio Padre non era un genio, era solo una persona di buon senso.

Caro Lettore, sette anni fa avresTi mai detto che adesso ci saremmo ridotti così?

Adesso fermati, pensa per un secondo con la Tua testa.

In quale situazione ritieni che saremo tra altri sette anni?

                Caro Lettore che tuttora Ti culli in vane speranze, cari Commentatori che cercate di esorcizzare il futuro scrivendo oscenità ed insulti nei post, adesso il cielo non è per nulla azzurro: è oscurato da un’immane flotta di bombardieri che si apprestano a fare dell’Europa e dell’Occidente un nuova Hiroschima.

                Non mi cale minimamente il fatto che la mia audience crolli, ci penserà il futuro a riabilitarmi. L’unica amarezza è che dovrò sopportare tutti triboli che verranno, esattamente come quei poveri mentecatti che ci hanno trascinato a questo punto. Governanti e, sia ben chiaro, tutti i pecoroni che li seguono e li incitano: lasciateci ancora per un po’ l’art. 18! Lasciateci ancora per un po’ le nostre amate pensioni! Certo, le aziende fallite non potranno licenziare per il semplice motivo che non esisteranno più. E quando lo Stato avrà terminato l’ultimo euro, ebbene, allora niente pensioni. Sic et simpliciter.

                Noi europei siamo adesso nell’identica situazione della VI Armata a Stalingrado: se si tentasse di rompere l’accerchiamento abbandonando il Volga, l’armamento pesante e, dolorosamente, anche qualche corpo d’armata, il grosso potrebbe forse ancora salvarsi. Invece stiamo seduti senza far nulla, come fecero a suo tempo i tedeschi. Con i russi che non dovettero fare altra fatica che aspettare che fossero crepati di fame. Quindi li presero e li mandarono tutti in Siberia: a quaranta sotto zero iniziarono a ricredersi, ma era troppo tardi.

                La nostra società dei diritti è morta, e la carogna già emette il fetore della decomposizione. Si sta perdendo in inutili quanto sanguinose battaglie in difesa di sbandierati diritti ormai impossibili da difendere, anche perché mai esistettero. Non esistono diritti ma doveri, e solo i doveri definiscono i diritti. La difesa ad oltranza dei privilegi di enclave costituisce un danno irredimibile alla collettività, al bene comune. E le corde troppo tirate alla fine si spezzano, e diventano temibili fruste. In quel momento tutti razionalizzano che la morte di pochi costituisce, spesso purtroppo che avrebbero potuto costituire, la salvezza di molti. Con tutto ciò che ne consegue.

                 Gran brutta cosa l’idiozia, gran brutta cosa la mente intrisa di cascami ideologici, di idee preconcette, di ostinato rifiuto a recepire la realtà ed a ragionare con la propria testa, quando si arriva a credere che persino le proprie menzogne siano vere. Molti reagiranno come i drogati in crisi di astinenza: faranno un massacro e poi si suicideranno. Ideologie ed illusioni sono esattamente come le droghe: danno assuefazione.

 gsm.

 Allegati che sarebbe suggeribile leggere con molta attenzione.

2012 01 19  Sole24Ore Petrolio  650x784 Ridi ridi che la Grande Depressione si avvicina.
 2012 01 19  Baltic Dry Index1 Ridi ridi che la Grande Depressione si avvicina.
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