In Francia tira vento di proporzionale

In Italia si discute di legge elettorale praticamente dall’inizio della seconda repubblica. In queste due decadi le abbiamo sentite tutte”Proporzionale alla tedesca”, “Maggioritario secco inglese”, “Proporzionale spagnolo”, “Maggioritario a doppio turno francese “. Praticamente da 20 anni la casta si scanna sul sistema che garantisca l’elezione dei suoi boiardi. E mica è una cosa solo italiana. Anche in Francia il sistema che attualmente fa eleggere l’assemblea nazionale è da tempo nel mirino. Nell’immediato dopoguerra la Francia provò per un periodo il sistema proporzionale puro, fu il periodo della “Quarta repubblica”. Risultato? I governi cadevano come mosche.
In dodici anni di vita la quarta repubblica produsse 24 governi della durata media di sei mesi. Nel 1958 il generale De Gaulle rientrò nell’agone politico, da cui se n’era andato sdegnato dodici anni prima, e pose ordine nel caos dando il colpo di grazia alla quarta repubblica e riordinando le istituzioni francesi come oggi le conosciamo dando il via a quel sistema semi-presidenziale maggioritario che rappresenta un unicum nell’Europa continentale, abituata invece a sistemi parlamentari proporzionali. La legge per l’elezione dell’assemblea nazionale prevede da allora che i parlamentari vengano eletti con un sistema maggioritario a doppio turno. Qualora in un collegio nessun deputato ottenga la maggioranza assoluta al primo turno allora si torna due settimane dopo per lo spareggio a cui sono ammessi tutti i candidati che hanno superato la soglia del 12,5% al primo turno. Il sistema è pensato apposta per favorire i maggiori partiti e dare al vincitore una solida maggioranza, ma allo stesso tempo per non impedire il sistema delle coalizioni e permettere ai partiti minori che trovavano un accordo con le formazioni maggiori di ottenere una rappresentanza simbolica.
Nella quinta repubblica tutte le elezioni parlamentari si sono tenute con questo sistema tranne una vistosa eccezione. Correva l’anno 1986 e i sondaggi erano impietosi con il blocco social-comunista di Mitterrand che era condannato a perdere la maggioranza all’assemblea nazionale e dar vita così alla prima coabitazione. Mitterrand per evitare l’evenienza modificò la legge elettorale introducendo il proporzionale. Mitterrand sperava così di evitare che Chirac non riuscisse a ottenere una maggioranza “a prova di Le Pen”. Il blocco gollista invece riuscì lo stesso ad ottenere la maggioranza assoluta dando così il via alla prima brusca coabitazione tra un presidente di una parte politica e un primo ministro della parte avversa.
L’argomento del’introduzione di una quota proporzionale però torna ciclicamente durante le presidenziali, con lo scopo, più o meno dichiarato, di attrarre i voti dei candidati minori fortemente penalizzati dal sistema maggioritario a doppio turno. Anche stavolta l’argomento ha fatto capolino nei programmi dei candidati alla presidenza.
Nicolas Sarkozy, all’annuncio ufficiale della ricandidatura promette di introdurre una quota simbolica del 10% dei seggi da assegnare tramite sistema proporzionale. Anche lo sfidante socialista François Hollande promette di introdurre una quota proporzionale, ad oggi però non ha specificato quanto grande. Il centrista François Bayrou rinnova la sua proposta di spaccare in due l’assemblea nazionale, metà eletta col sistema attuale e metà con proporzionale e sbarramento al 5%. Marine Le Pen, il cui partito è probabilmente il più penalizzato dall’attuale sistema, vuole invece ritornare al proporzionale. Come Marine Le Pen anche il candidato comunista Mélenchon e la candidata ecologista Joly le cui formazioni, pur rappresentate in parlamento grazie all’alleanza coi socialisti, sono spesso penalizzate da questo sistema.
In Francia spira vento di proporzionale, l’Italia seguirà?
Giovanni
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