Olanda, grande ammucchiata per salvare l’Euro?

“Ridatemi il Fiorino!” tuona Geert Wilders
12-09-2012 per l’Europa l’ennesima giornata di passione? La Corte Costituzionale tedesca deciderà sulla legittimità costituzionale dell’ESM. L’opinione pubblica teutonica è fortemente contraria all’ennesimo euro-pastrocchio, ma le pressioni del mondo della politica teutonica sono molto forti. Ma oltre alla corte di Karlsruhe, da ormai tre anni costante spina nel fianco dell’eurocrazia, un altro paese molto piccolo e placido potrebbe dare una brutta sorpresa al Leviatano di Bruxelles. 
L’Olanda si recherà infatti al voto. I sudditi di Beatrice, ancora una volta, sono costretti a recarsi alle urne prima del previsto. La tradizione politica dell’Olanda è da sempre segnata da una forte frammentazione, una frammentazione causata da una legge proporzionale con uno sbarramento bassissimo. L’asticella per entrare al parlamento de L’Aja è fissata allo 0,67%, la quota più bassa del continente europeo. Fino agli anni ’90 però la politica olandese era sempre stata caratterizzata dall’incessante ricerca del “centro” e da una certa stabilità. Pare incredibile in quello che viene considerato il paese più secolarizzato d’Europa, ma dall’introduzione del suffragio universale (1918) agli anni ’90 l’Olanda è stata dominata dai partiti di ispirazione cristiana i quali alternavano esecutivi conservatori con i liberali del VVD a esecutivi progressisti coi laburisti del PVDA. La secolarizzazione cominciata negli anni ’70 ha progressivamente indebolito le formazioni di ispirazione cristiana costringendo il partito cattolico a fondersi con le formazioni calviniste e creare così il partito cristiano-democratico, un partito di ispirazione cristiana aperto sia ai cattolici che ai calvinisti vicino come modello alla CDU tedesca aperta sia ai cattolici che ai luterani.  La decadenza dei partiti cristiani è culminata nel 1994 quando per la prima volta dal II dopoguerra i partiti cristiani erano completamente esclusi dall’esecutivo. Era l’esecutivo del laburista Wim Kok, che contava su un’inedita e apparentemente contro-natura coalizione tra laburisti e liberali. L’alleanza lib-lab regge per otto anni il paese e diviene celebre a livello internazionale per le riforme fortemente progressiste in campo etico e sociale su temi come le unioni gay, la marijuana, la prostituzione e l’eutanasia. 
Non è però tutto oro quel che luccica e infatti l’omicidio del leader populista Pim Fortuyn alla vigilia delle elezioni del 2002 porta in auge la questione dell’immigrazione incontrollata contro cui Fortuyin stava basando le sue fortune politiche. Le forti migrazioni dai paesi del terzo mondo hanno infatti reso l’Olanda un paese multi-etnico in cui gli immigrati rappresentano più del 10% della popolazione. Come noto però l’immigrazione di massa si porta dietro gravi problemi di ordine pubblico e di integrazione. Particolarmente problematico risulta l’inserimento degli immigrati di origine islamica e la questione immigrazione da quell’omicidio è rimasta una costante nel dibattito politico del paese specie dopo il brutale assassinio del regista Theo Van Gogh a causa del suo documentario “Submission”. Morto un Fortuyn, e con lui il suo partito, se ne fa un altro e a breve distanza il ruolo di Grillo Parlante sull’immigrazione lo prende Geert Wilders, personaggio controverso che ha fatto della lotta alla penetrazione dell’islam in Olanda una ragione di vita. Neppure le pesanti misure restrittive imposte dalla Gentilini in gonnella Rita Verdonk, falco anti-immigrati del II governo Balkenende, frenano la reazione dell’opinione pubblica olandese sul tema dei flussi e della compatibilità dell’islam con la società olandese. 
Tra il 2002 e il 2010 comunque i Paesi Bassi sembrano tornare alla normalità. I democristiani di Balkenende tornano stabilmente al potere e alternano nuovamente esecutivi di centro-destra (2002-2006) e di centro-sinistra  (2006-2010) ma al principio della seconda decade del terzo millennio una nuova deflagrazione torna a disturbare la piccola Olanda. Le elezioni anticipate, causate dal disaccordo tra democristiani e laburisti sul rifinanziamento della missione afghana, segnano il crollo, forse definitivo, del partito cristiano-democratico catapultato al quarto posto per voti e seggi. I liberali del VVD diventano il primo partito dando a Mark Rutte la possibilità di essere il primo premier liberale dall’introduzione del suffragio universale. Ma più che l’affermazione di Mark Rutte a fare notizia è il potente successo di Geert Wilders. Il “Partito della libertà” del leader anti-immigrati vola al 16% dei suffragi diventando la terza forza del parlamento arancione. Dopo mesi di negoziazioni fallite Mark Rutte è costretto in maniera riluttante a formare un esecutivo di minoranza con i boccheggianti democristiani. Un esecutivo che si deve reggere sull’appoggio esterno della formazione di Geert Wilders. Il modello di Mark Rutte è “preso in prestito” dal collega danese Anders Fogh Rasmussen che per tre legislature ha governato con una coalizione di centro-destra grazie all’appoggio esterno del “Partito del Popolo” omologo danese della formazione di Wilders. 
Purtroppo però le cose non vanno bene come a Copenaghen e dopo una ventina di mesi Mark Rutte è costretto a presentare le dimissioni alla regina. La bomba che ha fatto scoppiare il governo più a destra del dopoguerra olandese è sempre la stessa che da tre anni fa vittime in giro per il continente ovvero l’Europa. Wilders dice no alle misure di austerità per riportare il deficit al di sotto del 3% e toglie il suo supporto alla coalizione di Rutte.  Essendo l’Olanda un paese minimamente civile sua maestà Beatrice d’Orange non s’azzarda nemmeno a pensare di imitare il collega Giorgio Napolitano, anche perché se la regina pensasse solamente di emulare l’inquilino del Quirinale verrebbe impalata da media e opinione pubblica, e fissa la data delle nuove elezioni. 
Il rapporto tra Europa ed Olanda è sempre stato abbastanza brusco. L’opinione pubblica arancione non s’è mai fatta imbambolare troppo dall’eurocrazia e quando s’è espressa sulla costituzione Europea ha rifilato al Leviatano di Bruxelles una memorabile e sonora bocciatura. Ora, per la prima volta si comincia a parlare sul serio di portar fuori l’Olanda dall’Euro-gulag. Geert Wilders ha basato la sua campagna elettorale sulla “F-word”, la “parolaccia con  la F” che nessuno osa pronunziare ovvero “Fiorino”. Wilders propone apertamente di far uscire l’Olanda dalla moneta unica. Ma più che un Wilders comunque danneggiato dall’aver appoggiato il governo Rutte a far paura ai carcerieri dell’Euro-Gulag è Emile Roemer il leader dell’estrema sinistra. Il Partito Socialista ha conosciuto nei sondaggi un’importante crescita che ha visto la sinistra radicale battagliare a lungo con i liberali del premier Mark Rutte per il primato. Emile Roemer pur non arrivando a chiedere l’uscita dall’Euro, sebbene a suo tempo il partito socialista s’era fieramente opposto all’entrata dell’Olanda nella moneta unica, chiede grosse revisioni all’Europa. Roemer propone un referendum sul “Fiscal Compact” e spavaldo afferma che se sarà lui il prossimo premier se ne infischierà allegramente dei parametri di Maastricht sul deficit e sforerà il  tetto del 3%.
Le ultime rilevazione sono state però “consolanti” per i fan del (N)Euro-delirio. I socialisti sono stati ricacciati in terza posizione e ora a braccetto con Rutte ci sono i laburisti europeisti che nel governo prossimo venturo cercheranno di mitigare i bollori del falco turbo-liberista Rutte, pur non azzardandosi nemmeno a ipotizzare un “No” al fiscal compact o una fuga dell’Olanda dall’Euro-Gulag. Guardando i numeri dei sondaggi il duetto lib-lab dovrà trovare un terzo partner per raggiungere la maggioranza e ovviamente sono esclusi Wilders e Roemer. L’identità della terza colonna del futuro governo Kok 2.0 sembra essere forse l’ultima domanda sull’esito delle elezioni olandesi. Toccherà ai moribondi democristiani o ai liberali di sinistra del D’66 sostenere l’esecutivo lib-lab? 
Anche l’Olanda s’accinge ad avere il suo trio monnezza ABC insomma, unito al grido di “Ce lo chiede l’Europa”. Sulla questione v’è però una notevole differenza tra il nostro trio monnezza ABC e quello prossimo venturo olandese. In Olanda infatti le cose funzionano così. 
Step 1-Elezioni
Step 2-Consultazioni
Step 3-Si instaura un governo POLITICO con un premier POLITICO nella persona del candidato premier della prima formazione del paese che, udite udite s’è presentato alle elezioni.  
Nei paesi civili non esistono cose simili al governo Monti. L’ho già detto ma repetita iuvant, se la regina d’Olanda si azzardasse solo a pensare di imitare l’inquilino del Quirinale farebbe una gran brutta fine. E i partiti olandesi quando fanno gli inciuci, li fanno
METTENDOCI LA FACCIA E PRENDENDOSI LA RESPONSABILITA’ DELLE LORO SCELTE SENZA TRINCERARSI DIETRO OSCURI EUROCRATI MAI VOTATI DA NESSUN ESSERE SENZIENTE!

Media dei sondaggi


VVD (liberali cdx Europeisti) 36 seggi
PVDA (laburisti csx Europeisti) 35 seggi
SP (sinistra radicale Euro-scettici) 21 seggi
PVV (destra populista Euro-scettici) 17 seggi
CDA (democristiani cdx Europeisti) 12 seggi
D 66 (radicali csx Europeisti) 11 seggi
CU (calvinisti duri & puri cdx Euro-scettici) 5 seggi
GL (ecologisti csx Europeisti “tiepidi”) 4 seggi
Altri 9 seggi

Johnny 88

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